Lo spiaggiamento del 2013

Lo spiaggiamento del 2013

Lo spiaggiamento del 2013

Lo spiaggiamento di massa che si è verificato sulle coste dell’Alto Adriatico tra ottobre e dicembre 2013 è un avvenimento che non ha riscontro precedente a conoscenza d’uomo. Gli animali coinvolti sono complessivamente 286 (1 dei quali spiaggiato vivo), distribuiti in aree geografiche ristrette ed intervalli di tempo limitati.
Si sono osservati 4 grossi gruppi di arrivi, molto probabilmente correlati alla direzione dei venti e delle correnti marine:

– 65 animali dal 1 ottobre al 2 novembre poco a sud del Po (44°42’00”N 12°11’00”E);
– 39 animali dal 26 ottobre al 11 novembre a Grado (GO – 45°41’00”N 13°24’00”E);
– 166 animali dal 7 novembre alla fine di dicembre attorno a Rimini (44°03’00”N 12°34’00”E);
– 39 animali dal 12 novembre ai primi di dicembre attorno ad Ancona (43°37’00”N 13°31’00”E).

Nessun particolare spiaggiamento è avvenuto nella parte orientale del bacino, come confermato da Blue World, MEC e SINP (Croazia) e l’Università di Primorska (Slovenia), né in tutta la parte meridionale del Mar Adriatico, come riferito da APAWA (Albania) e dall’Università di Bari.

Fondazione Cetacea in Emilia Romagna e Marche e WWF-Area Marina Protetta di Miramare in Friuli Venezia Giulia si sono immediatamente coordinate con ASL e IZS (organi del Ministero della Sanità italiani) e si sono rivolti anche all’Università di Padova e di Bologna per l’effettuazione delle necroscopie. Gli aspetti biologici del fenomeno sono allo studio presso il Museo di Storia Naturale di Venezia e l’Istituto Oceanografico di Trieste, che sta studiando anche le correlazioni tra le aree di spiaggiamento e le maree e i venti presenti in quel periodo (gruppo ECHO), in collaborazione con ARSO (Agenzia Ambientale Slovena).

Durante l’esecuzione delle necroscopie si è notato che la maggior parte delle carcasse aveva lesioni omogenee: escludendo i pochi soggetti con evidenti danni riportabili a pesca accidentale (numero compatibile con sforzo di pesca pressoché costante nel Nord Adriatico), si notavano perlopiù lesioni infiammatorie a carico dell’intestino (grave enterite catarrale emorragica diffusa) e gravi lesioni edematoso-emorragiche multifocali a carico delle masse muscolari pettorali e della regione ventrale del collo. Queste lesioni sono riconducibili a situazioni in cui si altera profondamente la parete dei vasi sanguigni, tanto da permettere la fuoriuscita di liquido e/o sangue dai vasi stessi, come le situazioni che si verificano in presenza di alcuni batteri, virus, funghi o sostanze tossiche. Data la distribuzione dei soggetti in taglie dai 20 ai 115 cm CCL, la causa del problema si sposta dalla iniziale presunta origine alimentare alla presenza di un tossico biologico (es. tossina algale) o chimico in zone limitate di mare, considerando anche l’uniforme stato di decomposizione delle carcasse.
Dato che secondo ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente) non vi sono state sostanziali differenze nei principali parametri oceanografici dell’Alto Adriatico nel periodo di riferimento, né in quelli precedenti, se non un lieve ritardo nella discesa della temperatura in ottobre nel Golfo di Trieste, si può pensare che le prospezioni geologiche in atto in acque croate nel periodo precedente l’inizio dello spiaggiamento abbiano indotto le tartarughe marine a spostarsi, forse concentrando un alto numero di soggetti in aree limitate di mare. Contestualmente, la ricerca durante le necroscopie di eventuali lesioni legate a danni da onde sonore non ha prodotto alcun risultato.

Purtroppo, l’impatto a lungo termine di questo evento sugli equilibri della popolazione appare tragico: 49% degli animali morti sono subadulti (26% adulti) e pertanto sono state profondamente alterate le prossime stagioni riproduttive.

Infine, altri due misteri aleggiano su questi animali: nel 50% degli animali esaminati a Padova, dove vengono condotte di prassi analisi batteriologiche dell’intestino, si sono riscontrati intestini sterili. Inoltre, nell’intestino di più di metà (7/10) degli animali provenienti da Grado si è osservata, mediante analisi parassitologiche, la frequente presenza di strutture rotondeggianti di 7-10 micron di diametro. Inizialmente sospettate di essere alghe, e pertanto pensate come riconducibili alla causa della morte, non sono ancora a tuttora state identificate.

Nella speranza di fare maggior luce su questo mistero, molte analisi restano ancora da condurre sui campioni raccolti, tra cui analisi tossicologiche nei fegati per i principali tossici ambientali di origine biologica e chimica.